Il seguente elaborato, che affronta il tema del coraggio, è il primo di una serie di brevi articoli che, a cadenza regolare, porteranno in rilievo alcuni contenuti e quindi capitoli del mio ultimo libro “Elogio dell’incertezza”.

Il coraggio: solo se mi dici nell’orecchio la tua fragilità. Quante volte abbiamo ricevuto dall’esterno la richiesta di essere coraggiosi, di avere coraggio e non aver paura. L’emozione della paura che il buon Dio, o chi per lui, ha messo all’interno dell’essere umano, ha milioni di anni e svolge funzioni adattive per salvarci la vita e per salvare la specie, e noi vogliamo non aver paura con una scelta razionale. Questa cosa è difficile.

Io ritengo invece che la persona coraggiosa sia quella che riconosce le proprie paure e svolge un’azione prima di accettazione e poi di ringraziamento verso se stesso per aver riconosciuto e accettato la paura. In questo consiste il coraggio. Successivamente, è necessario anche l’allenamento perché quest’azione non consiste in una sottomissione alla paura, ma in un’azione di riconoscimento e successivamente di gestione e quindi, in quel momento, dobbiamo essere bravi a scegliere dove mettere l’attenzione, a capire quali sono i nostri obiettivi, i nostri focus e che tipo di energia e attivazione servono per raggiungere i nostri scopi. Quindi, guardarsi allo specchio e ammettere la propria fragilità non è un atto di coraggio ma è il coraggio stesso.

A volte però, l’aspetto di riconoscimento, accettazione, ringraziamento e di gestione della situazione timorosa e della paura non basta, forse perché non c’è tempo. Ho capito questo dopo un episodio che mi è accaduto e riporto questa esperienza nel mio libro. Un giorno nel mio piacere di andare in bicicletta in una bella salita con la mia mountain bike, ho sentito dei rumori che arrivavano da dietro di me e mi sono accorto che c’era un cane lupo parecchio arrabbiato che mi inseguiva. A quel punto ho sentito una gran paura, il respiro diventava corto, le braccia si bloccavano e ho preso una scelta, o meglio, una scelta è stata presa visto che la mia coscienza era abbastanza limitata in quel momento. La scelta è stata quella di girare la bici e di puntare il cane e quindi con modalità aggressiva mi sono spinto in discesa urlando e ho visto che questo cane si è fermato. Mi sono sentito talmente bene in quel momento che sarei sceso e avrei incontrato il cane ma, fortunatamente come succede spesso, la parte razionale ha preso di nuovo il sopravvento e ho accettato la situazione di sudditanza riguardo al cane, accogliendo quindi la mia fragilità e sono andato via sfruttando la discesa. Che cosa sarebbe successo se avessi fatto un processo di accettazione e di riconoscimento della situazione? Forse avrei avuto, almeno per questo evento, un cane attaccato al sedere.

Questa cosa mi ha insegnato che l’aggressività può essere una componente importante del coraggio. I problemi vanno di certo riconosciuti ed accettati, ma in alcune situazioni serve una modalità aggressiva per prenderli di petto e con determinazione.

Per questo motivo ritengo che il coraggio sia qualcosa che può venire appreso ed essere allenato: il coraggio si insegna non predicandolo, ma praticandolo.

Sammy Marcantognini